martedì 8 gennaio 2019

#TramviaFi - Lettera al Corriere Fiorentino del prof. F. Alberti dell'Università di Firenze

La lettera che riporto, è stata inviata dal Prof. Francesco Alberti, Professore Associato di Urbanistica presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze, Mobility Manager dell'Ateneo Fiorentino e pubblicata sul sito AMT Toscana, mentre il Corriere Fiorentino ancora non l'ha pubblicata. Il professore risponde alle obiezioni sollevate dal Direttore del quotidiano.
Mi sono permesso di evidenziare alcuni passaggi che ritengo fondamentali.

Caro Direttore,
Il dibattito che il suo giornale ha voluto riaccendere sulla tramvia di Firenze e le sue eventuali alternative ruota intorno a due aspetti, su cui occorre a mio avviso fare chiarezza: l'ingombro delle sedi tramviarie sulla rete viaria (e conseguente riduzione delle carreggiate stradali) e l'impatto estetico (quello che in gergo si chiama "l'inserimento urbano") delle linee.
 Già nell'articolo di Nistri dell'altro ieri si prende atto che qualsiasi sistema di trasporto pubblico in sede propria occupa spazi uguali o maggiori a quello delle tramvie. Non si comprende quindi la ragione perché, sotto questo aspetto, si debbano proporre per mezza città (a est della Fortezza) soluzioni trasportistiche diverse da quella già applicata – con successo, dicono i numeri – nell'altra metà, andando così a ridurre l'efficienza e l'attrattività del sistema complessivo e rendendo più complicata la gestione della rete e la vita agli utenti del servizio.
L'alternativa che si pone è quindi se dedicare parte delle sedi stradali esistenti alla realizzazione di un sistema di trasporto collettivo capillare o lasciarle in balia delle auto, in omaggio all'idea – ormai culturalmente superata – che queste debbano continuare a essere il modo principale per spostarsi all'interno di un'area urbana. Faccio presente che a parità di larghezza le corsie dei trasporti pubblici hanno una capacità di far muovere potenzialmente un numero molto superiore di persone rispetto a quelle veicolari: non si tratta quindi di una sottrazione ma di un'ottimizzazione degli spazi urbani dedicati alla mobilità.
L'unica soluzione svincolata dalla rete stradale è la metropolitana, ma si tratta di un'opzione – lo dico in maniera tranchant per questioni di spazio - inapplicabile a Firenze. Perché – lo dice la parola stessa – il suo scopo è servire aree urbanizzate estese, con fermate molto più distanziate di quelle di una tramvia: un servizio simile, sul modello delle S-Bahn tedesche, nell'area metropolitana fiorentina potrebbe essere assolto – se ne parla da decenni – dai binari di superficie nell'ambito di una riorganizzazione intelligente del "nodo ferroviario fiorentino", utilizzando le stazioni esistenti e poche nuove fermate senza bisogno di scavare sotto la città. Tanto più che, dovendo scavare in profondità, ogni ipotetica fermata di metropolitana a Firenze sarebbe come un palazzo di 7-8 piani conficcato nel suolo (giornalisticamente parlando: una "micro-Foster"!): idea che non mi sembra né praticabile né allettante. Penso invece che l'attivazione di un Servizio Ferroviario Metropolitano cadenzato e ad alta frequenza integrato alla tramvia (come per altro previsto nel Piano Strutturale di Firenze) debba tornare a essere un tema centrale nelle agende del Comune, della Città Metropolitana e della Regione. Mi auguro che il suo giornale possa dare un contributo in questo senso.
Il secondo aspetto è la qualità dei progetti in relazione al contesto urbano, e anche questo riguarda in realtà ogni tipo di infrastruttura: non si tratta cioè di un problema esclusivo delle tramvie, che anzi in molte città europee (soprattutto francesi) sono state i fattori d'innesco di progetti di riqualificazione ad ampio raggio. A turbare il sonno eterno del Poggi, prima ancora che l'inserimento di metrotramvie nel centro dei viali (il tram lo aveva messo in conto) credo che ci abbiano pensato, nel corso degli anni, la trasformazione dei suoi ampi passeggi in sgangherate aree di sosta, i cordoli spartitraffico al centro della carreggiata e agli incroci, opere incongrue come il tunnel che ha tagliato in due Piazza Vittorio Veneto distruggendone la simmetria e interrompendo fisicamente la continuità fra i lungarni e le Cascine: un disastro che la T1 invece di correggere ha amplificato e su cui occorrerà intervenire al più presto con un progetto complessivo dell'area.
Ovviamente, piuttosto che correggere gli errori è sempre meglio prevenirli. Nel 2008-2009, su incarico dell'assessore Matulli, elaborai per il Comune di Firenze, con il supporto dei vari uffici e dell'allora coordinatore della progettazione Ing. Mantovani e il confronto con cittadini e associazioni organizzato dall'Assessorato alla partecipazione, uno studio – finito poi in un cassetto – per l'inserimento urbano delle linee 2 e 3 della tramvia, comprensivo di proposte specifiche per alcuni tratti e nodi (tra cui un'alternativa di percorso in zona Dalmazia, per evitare le strettoia di Via Vittorio Emanuele II) e di raccomandazioni generali, ad esempio in relazione all'impatto dei pali sul paesaggio urbano. Oltre a ricorrere a soluzioni tecnologiche senza fili, questo può essere infatti in gran parte neutralizzato con una più accorta progettazione delle sospensioni della linea aerea e integrando i pali tramviari con l'illuminazione pubblica, soluzione in effetti adottata su alcune strade ma non incredibilmente alla stazione di S. Maria Novella o alla Fortezza; secondo un calcolo speditivo, in entrambi i casi si sarebbero potuti avere tra il 50 e il 60% dei pali in meno.
Non c'è dubbio che la realizzazione della tramvia verso Bagno a Ripoli interessi contesti urbani e periurbani di estrema delicatezza, che richiedono un cambio di passo rispetto agli standard progettuali seguiti fino ad oggi sotto il profilo dell'inserimento urbano e paesaggistico – penso al nuovo ponte sull'Arno, al rapporto col parco dell'Anconella, all'attraversamento di aree di grande pregio ambientale all'ingresso di Bagno a Ripoli.
Credo che questo sia ancora oggi il tema vero del dibattito: come fare in modo che un'infrastruttura utile per affrancare Firenze dalla dipendenza dall'auto sul modello di quanto si sta facendo nelle più avanzate realtà europee sia realizzata ai massimi livelli di qualità funzionale, architettonica e paesaggistica possibili, trasformando il progetto di un'infrastruttura in un progetto di riqualificazione urbana, proprio come a suo tempo fece il Poggi. La contrapposizione ideologica tram-sì/tram-no mi sembra invece, con due rami in funzione, un terzo ormai pronto, passeggeri in continuo aumento e stanziamenti già disponibili per il resto della rete, controproducente per la città e del tutto fuori dal tempo.
Cordiali saluti,
Francesco Alberti


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